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CANNABIS E CANNABINOIDI:
NECESSITA' DI UNA RIVALUTAZIONE MEDICA
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Tutte le "droghe" sono, per
definizione, sostanze farmacologicamente attive, e la maggior parte di
esse sono state usate, prima di tutto, come farmaci.
L'interferenza della politica nell'uso
di alcune sostanze psicoattive è un fatto molto recente della storia,
e ha profondamente influenzato il faticoso emergere della medicina
scientifica.
L'attuale politica della
"droga" nasce purtroppo da un duplice vizio. Un vizio
d'origine, cioè la pessima comprensione del problema
"droga" nei suoi termini reali; e un vizio di percorso, cioè
la pessima analisi dei risultati ottenuti con la soluzione
"proibizionismo". Il tutto complicato dall'incapacità
tipica dei politici e dei burocrati di ammettere gli errori, nonché
dalle universali resistenze al cambiamento.
La medicina ufficiale - con rare anche
se significative eccezioni - si è passivamente allineata alle
posizioni politiche dominanti, il che si è tradotto in un danno alla
conoscenza dei farmaci e alla cura dei malati.
L'isteria anti-droga ha impedito per
lungo tempo di studiare e valutare serenamente, scientificamente, una
pianta ricca di principi farmacologicamente attivi, usata per millenni
a fini medici, e cancellata brutalmente da tutte le farmacopee moderne
ancor prima di essere veramente conosciuta.
Parliamo della Cannabis, quella che oggi
tutti conosciamo con i nomi delle famose "droghe" marijuana
e hashish.
In oriente, la Cannabis è stata usata
in medicina per millenni. Era certamente coltivata in Cina nel 4000
a.C., e faceva parte della più antica farmacopea conosciuta, quella
del mitico imperatore Shen Nung (III millennio a.C.). In India, è
citata per le sue caratteristiche psicoattive in testi sacri del II
millennio a.C., e il suo uso nella medicina tradizionale è arrivato
fino ai nostri giorni. In occidente, invece, il suo uso medico è
sempre stato alquanto marginale, basato probabilmente sulla tradizione
medica indiana, e praticamente limitato alla seconda metà del XIX e
ai primi decenni del XX secolo (1-2).
Infatti, sull'onda della crociata
anti-alcool e anti-stupefacenti di inizio '900, negli anni '930 la
Cannabis fu forsennatamente attaccata da Harry J. Anslinger, il primo
e più importante responsabile della politica anti-droga degli Stati
Uniti. Come tale, nel 1937 essa raggiunse l'oppio e la coca fra le
"droghe proibite", e pochi anni dopo (1941) fu eliminata
dalla farmacopea americana (3).
In Italia, fino a circa cinquant'anni
fa, erano presenti nella Farmacopea Ufficiale (F.U.) sia l'estratto
che la tintura di Cannabis indica. Le indicazioni erano alquanto
varie: per esempio, secondo il prof. P.E. Alessandri la Canapa indiana
"usasi nel tetano, nelle nevralgie, isterismo, emicrania,
reumatismo, corea, asma, e in molte altre malattie non escluso il
cholera, dando però quasi sempre risultati contraddittori"(4).
Il trattato di farmacologia di Pietro Mascherpa afferma che
essenzialmente si tratta di "un medicamento cerebrale e
precisamente un analgesico analogo all'oppio e alla morfina", che
può avere più o meno gli stessi usi di questi. Mascherpa riconosce
però che la farmacologia della Cannabis è "poco
conosciuta", e il suo uso per varie ragioni "piuttosto
limitato"(5).
Dopo la proibizione americana, la
legislazione e la medicina ufficiale si allinearono rapidamente in
quasi tutto il mondo, e la Cannabis fu praticamente dimenticata da
farmacologi e medici. Viceversa, il suo uso "illegale"
doveva conoscere negli anni a venire una diffusione senza precedenti,
soprattutto tra giovani e giovanissimi. E così, a partire dagli anni
'960, i libri sui reali o più spesso presunti rischi e danni della
"droga" marijuana - così come quelli dedicati ai vari
aspetti del consumo e del mercato illecito - occupano interi scaffali,
mentre quelli che hanno ripreso il tema dei suoi possibili usi
terapeutici si contano sulle dita delle mani, e solo negli ultimissimi
anni le cose hanno cominciato a cambiare.
Al tempo della vittoriosa guerra di
Anslinger, il libro di R.P. Walton "Marihuana - America's new
drug problem " spicca per valore scientifico. Al di là di una
certa enfasi sul "vizio", in linea con i tempi, questo libro
ha senz'altro il merito di presentare sinteticamente le applicazioni
terapeutiche della canapa. Per dare a Cesare quel che è di Cesare,
riportiamo qui di seguito i sottotitoli del capitolo in questione :
condizioni spastiche, usi analgesici, cefalea e emicrania, azione
sedativa e ipnotica, condizioni mentali (tra cui "melancolie
depressive"), disfunzioni uterine (dismenorrea, menorragia),
effetti durante il travaglio, utilizzo diagnostico [in psichiatria](6).
Come si vede, sono in buona parte gli usi che vengono oggi rivendicati
dai vari movimenti per la "marijuana terapeutica".
Dopo la proibizione, il merito della
prima seria (ri)valutazione scientifica della Cannabis come problema
sociale spetta probabilmente agli estensori del famoso "La
Guardia Report", commissionato nel 1938 dal sindaco di New York,
e pubblicato come "The Marijuana Problem in the City of New
York" nel 1944 (7).
Ma è senza dubbio al prof. Lester Grinspoon, psichiatra
dell'Università di Harvard, che dobbiamo la posa della prima vera
pietra miliare dell'attuale movimento revisionista e
antiproibizionista, e più di recente, del movimento per la
reintroduzione della Cannabis in medicina.
Lester Grinspoon - negli anni
dell'allarme collettivo per l'uso di marijuana nei campus americani, e
per la sua interconnessione con la ribellione giovanile e la protesta
contro la guerra nel Vietnam - dedicò un anno sabbatico (1967) a una
ricerca sulla Cannabis che, nelle sue stesse parole, gli aprì gli
occhi. Prima di iniziare questa ricerca, il prof. Grinspoon
condivideva infatti passivamente le opinioni comuni, e anzi, il suo
intento iniziale era stato quello di supportare scientificamente la
preoccupazione per l'uso (o meglio, abuso) di marijuana da parte dei
giovani, e metterli in guardia contro i pericoli della sostanza. Ma un
attento esame della letteratura scientifica disponibile lo convinse
che la posizione ufficiale era viziata alla base da pessime analisi,
quando non era frutto di vere e proprie manipolazioni, che potevano in
parte esser fatte risalire all'operato di Anslinger, ma che non
potevano esser totalmente spiegate in questo modo. Grinspoon pubblicò
nel 1971 il classico "Marihuana reconsidered" (8)
che può senz'altro ancora oggi essere considerato il testo
fondamentale sull'argomento.
Come ebbe a scrivere più tardi,
Grinspoon si era ingenuamente convinto, sulla base della sua ricerca,
che entro pochi anni, una volta chiariti scientificamente i veri
termini del problema, e svelati i miti che lo avevano avvolto in una
nebbia confusa e terrificante, la marijuana sarebbe stata
"legalizzata".
Come sappiamo, le cose non andarono così ...
L'inizio degli anni settanta segnò
infatti l'affermarsi del proibizionismo come ideologia dominante su
scala planetaria, e questo nostante la pubblicazione del rapporto
Wootton (GB, 1968), del rapporto Shaffer (USA, 1972), del rapporto Le
Dain (Canada, 1972), e dell'incisivo "Ceremonial chemistry"
di T.S. Szasz (1973) (9),
tutti estremamente critici riguardo la politica corrente sulle
"droghe". E la "guerra alla droga" - con i suoi
immensi costi umani, sociali, economici, geopolitici e persino
ecologici - coinvolgerà negli anni successivi più o meno tutti i
governi del mondo, senza peraltro riuscire ad ottenere qualche
concreto e tangibile risultato nel prevenire la produzione, il
traffico e il consumo delle sostanze illegali (10).
Due anni dopo l'uscita di "Marijuana
reconsidered", nel 1973, il dott. Tod H. Mikuriya pubblicò il
primo libro a nostra conoscenza specificamente dedicato agli usi
medici della Cannabis (11).
Si tratta di una voluminosa raccolta di articoli scientifici
pubblicati fra il 1839 e il 1972 , che comprende tra l'altro quello
che può essere considerato lo studio che "introdusse"
l'occidente agli usi medici della Cannabis (12).
Per inciso, il dott. Mikuriya è attualmente uno dei più autorevoli e
attivi sostenitori del movimento per l'uso medico della Cannabis in
USA.
A queste prime opere se ne affiancarono,
negli anni successivi, molte altre (13-15).
Tra queste in particolare ricordiamo il famoso rapporto dell'Institute
of Medicine dell'Accademia Nazionale delle Scienze (1982) che dedica
un ampio capitolo a "Potenziale terapeutico e usi medici della marijuana"
(16).
Infine, negli anni '90, numerosi libri
aprono la strada ai nuovi movimenti di base impegnati per la
riconquista del diritto alla "marijuana come medicina".
Segnaliamo almeno i vari libri curati da Robert C. Randall (17)
e collaboratori della "Alliance for Cannabis Therapeutics",
e pubblicati dalla Galen Press di Washington; la nuova fondamentale
opera di L. Grinspoon e J.B. Bakalar sugli usi medici della Cannabis:
"Marijuana - the forbidden medicine" (18);
l'importante e documentatissimo "Marijuana myths, marijuana facts"
di Lynn Zimmer e John P. Morgan (19)
Nel 1996 nello stato della California
viene sancita per la prima volta, tramite un referendum, la liceità
dell'uso terapeutico. Una politica analoga viene successivamente
adottata anche dall'Arizona, aprendo conflitti legali con il governo
federale, attestato su un pregiudiziale rifiuto di ogni
sperimentazione su questo terreno. Ed una ulteriore sconfessione di
questo "oltranzismo proibizionista" arriva il 5 novembre del
1998: gli elettori americani di Alaska, Arizona, Colorado, Nevada,
Oregon e Washington, consultati con un referendum
su questo tema, approvano l'uso terapeutico della marijuana per i
malati di tumore e di AIDS. E in analoga direzione va un recente
provvedimento legislativo dello stato delle Hawai (20)
Qualche giorno dopo, in Europa, lo Science
and Technology Committee della Camera dei Lord britannica pubblica
un rapporto che, sollecitando una modifica della legge attualmente in
vigore, promuove l'uso terapeutico dei derivati della cannabis. (21)
E a distanza di pochi mesi viene
pubblicato un nuovo rapporto dell'Institute of Medicine della National
Academy of Sciences USA "Marijuana and Medicine: Assessing the
Science Base", che formula analoghe raccomandazioni (22).
Questo ha portato, agli inizi del '99 ,
a prese di posizione a favore dell'uso medico dei cannabinoidi da
parte del Governo
israeliano, dell' International
Narcotic Control Board dell'ONU, del Ministro
della Sanità canadese, e del Ministro
della Sanità tedesco.
Sembra pertanto che in questo ultimo
scorcio di secolo si stiano creando le premesse per una rivalutazione
complessiva dell'atteggiamento della comunità scientifica (e dei
governi dei paesi occidentali) nei confronti dei possibili usi
terapeutici dei derivati della cannabis.
Ci auguriamo che ciò avvenga, prima o
poi, anche in Italia.
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Fonte: www.fuorifluogo.it |